Lasciateci in “Pace”. Dallo Yemen all’Ucraina, la guerra vista dai bambini.

Sono le otto in punto di lunedì mattina, è il 2 aprile e a Brescia la primavera ancora tarda ad arrivare.

Oggi il salone che ospita me e altri bambini che sono rimasti orfani a causa della guerra è più chiassoso del solito ma prima di raccontarvi il motivo di questo trambusto fatemi fare un giro di presentazioni.

Partiamo dal sottoscritto.

Mi chiamo Waleed, ho 12 anni e vengo dallo Yemen. I miei compagni vengono da altri paesi, più o meno lontani: c’è Ali dall’Etiopia, la piccola Dara che viene dalla Siria, e poi c’è Bibi, che è arrivata dall’Afghanistan qualche mese fa.

Io sono stato il primo ad arrivare in questa casa di accoglienza e dopo 5 anni posso dire che è diventata a tutti gli effetti la mia casa, e i miei compagni, la mia famiglia.

Sono stati tempi duri, all’inizio. Tra di noi non ci si conosceva, parlavamo lingue differenti, venivamo tutti da posti orribili e avevamo negli occhi quello sguardo perso di chi, come noi, ha vissuto la guerra sulla propria pelle. Poi, la nostra voglia di rinascere è stata più forte di ogni altra cosa, e anche grazie al sostegno di Fabio, il nostro educatore, siamo un po’rinati e oggi siamo tutti anche un po’ eccitati. Oggi arriva una nuova ospite. Oggi arriva Yana dall’Ucraina.

A dire il vero è arrivata ieri sera tardi ed ora sta ancora dormendo. Fabio, il nostro “papà” ha detto di lasciarla riposare fino a quando si sveglierà ma noi vorremmo conoscerla subito.

Questa mattina notavo che dallo zainetto blu di Yana stava cadendo un foglio e, senza farmi vedere da nessuno, l’ho preso. Questo è ciò che ho letto:

“….oggi alle 5 del mattino la Russia ha attaccato l’Ucraina. Nessuno fino all’ultimo minuto credeva che ciò sarebbe accaduto e le persone non erano pronte.

Ho raccolto le cose più importanti e il mio gatto. Visto che non abbiamo mezzi di trasporto personale, io e i miei genitori abbiamo convinto i nostri amici a portarci in macchina verso il confine con la Polonia, dove vivono i miei nonni, ma non è stato per niente facile.

 Chi non è riuscito a partire si è rifugiato nei sotterranei, nelle metropolitane o nei rifugi antiaerei da dove si sentono costantemente esplosioni e spari.

La comunicazione e Internet non funzionano.
I sistemi di pagamento neanche. I bancomat sono vuoti.

 La gente, comprensibilmente, ha molta paura.

Treni e trasporti si muovono con grandi ritardi, ci sono enormi ingorghi sulle arterie principali. Lungo la strada, ho appreso da mamma che i soldati russi hanno sparato sulle città, le hanno bombardate e le hanno distrutte. Ho appreso di come i civili sono stati uccisi a bruciapelo.
Di come i carri armati hanno abbattuto auto con persone che volevano solo andarsene.

Lungo la strada, ai vari posti di blocco, ho visto i nostri soldati, così giovani. Avrei voluto dire loro di scappare, di scappare dalla guerra, da una morte certa.

La notte abbiamo dormito in macchina e al nostro risveglio alcune persone ci hanno detto che i primi razzi erano volati sulle città e che le persone cominciano a essere a corto di cibo, medicine, benzina. Ci hanno riferito che i nostri civili vengono uccisi. Un ospedale pediatrico è stato bombardato a Kharkov.  Il più grande orfanotrofio in Ucraina è stato bombardato vicino a Kiev.

Un asilo è stato bombardato ad Akhtyrka: 3 adulti e 1 bambino sono morti immediatamente, 17 sono rimasti gravemente feriti, 2 di loro erano bambini, uno era sull’orlo della morte. A Mariupol è stato bombardato un ospedale che ha fornito assistenza, anche agli occupanti russi feriti. Enormi cannoni vengono piazzati nei villaggi e sparano ad altri villaggi. I razzi stanno cadendo in tutte le città dell’Ucraina. E questo è solo una piccola parte di ciò che sta accadendo.

Mio padre, intanto, continua a domandarsi perché la Russia ha deciso di avere il diritto di togliere la vita al popolo Ucraino. Nessuno merita questa vita, avrei voluto rispondere…”

Mi accorgo che non riesco più ad andare avanti, ho gli occhi pieni di lacrime. Anche Fabio se n’è accorto e prontamente mi sottrae dalle mani il foglio su cui Yana aveva inciso la sua drammatica testimonianza.

Dopo avermi sgridato per “appropriazione indebita di documenti personali” (queste le sue parole), Fabio ci ha radunati tutti attorno al tavolo del pranzo e con voce solenne ci ha presentato Yana. Per non farla sentire in imbarazzo, il primo a prendere la parola è stato proprio Fabio, che ha cominciato a raccontare la storia di ognuno di noi.

E’ partito dalla piccola Dara, che in Siria ha perso tutto, casa, amiche, famiglia e il suo peluche. Ci ha spiegato che la crisi in Siria è ormai giunta al suo undicesimo anno e, in molte zone, i bisogni umanitari sono ancora elevatissimi. Il conflitto ha causato centinaia di migliaia di morti, sfollamenti di massa e distruzione di infrastrutture civili.

Ali nel frattempo, con la mano alzata, ha voluto prendere la parola:

“..quello che è avvenuto e che sta tuttora avvenendo dove abitavo, nel Tigray, è inimmaginabile, migliaia di civili tigrini uccisi nei rastrellamenti casa per casa, compresi gli anziani e i bambini come me, oltre alle donne. Un’atroce campagna di pulizia etnica, come denunciato in quest’ultimo anno da Amnesty International.

Bibi ha preferito spiegare la sua storia con un disegno raffigurante un grande aereo sopra il quale ci sono tante persone che stanno lasciando il suo paese, l’Afghanistan, mentre molte, moltissime altre, sono state costrette a restare lì, in balìa dei talebani, che con la violenza hanno imposto la loro atroce visione del mondo a scapito, come sempre di donne e bambini.

Dalle mie parti invece, in Yemen, le cose vanno sempre peggio. I combattimenti a Sanaa, la città dove vivevo, sono iniziati circa 8 anni fa e da allora le condizioni della popolazione sono rapidamente peggiorate, portando il Paese sull’orlo della carestia e del collasso economico.

La carenza di cibo, acqua potabile, servizi igienici e assistenza sanitaria, nonché la diffusione di massicce epidemie di colera e difterite, hanno gravato sulle condizioni di vita dei civili e privato le famiglie dei bisogni primari…

Sono seguiti minuti di silenzio, minuti pesanti, carichi di sgomento, di tristi ricordi.  Poi il nostro Fabio si è alzato in piedi, si è aggiustato la camicia e con voce un po’ tremante ci ha letto la testimonianza che la piccola Yana aveva scritto su quel foglio. Sebbene l’avessi letta poco prima i miei occhi erano nuovamente carichi di pianto. Anche gli occhi di Yana erano come i miei, e come quelli di tutti i nostri compagni.

Si, perché le guerre, da qualsiasi parte di mondo le si guardi, hanno tutte un denominatore comune: la sofferenza e la disperazione dei popoli, il dolore e la miseria della gente comune, che mai vorrebbe trovarsi in condizioni tali da essere costretta a lasciare la propria casa, i propri affetti, le proprie radici, i propri figli.

“ Numerosi sono i conflitti armati attualmente in corso nel mondo”, ha prontamente aggiunto Fabio. “Fortunatamente ci sono organizzazioni come Amnesty International che  documentano  e portano avanti campagne contro le violazioni del diritto internazionale durante i conflitti armati, indipendentemente da chi sia il colpevole o dal luogo dove l’abuso si è verificato.”

Nel frattempo, nell’aria ha cominciato a circolare un profumo delizioso, segno che di lì a poco ci saremmo accomodati per il pranzo.

I più golosi, come me e Ali hanno cominciato a prendere posto ma tutti volevamo sederci accanto alla nuova arrivata, a quella bimba che ancora nessuno di noi poteva dire di conoscere e che per tutta la mattina era restata in silenzio ad ascoltare.

Avrei voluto dirle che col tempo sarebbe tornata a ridere, come abbiamo fatto noi.

Avrei voluto spiegarle anche che, in realtà, è impossibile togliersi di dosso il peso di una guerra che non si ha scelto.

“Solo dei cervelli poco sviluppati, nel terzo millennio, possono pensare alla guerra come uno strumento accettabile per la risoluzione dei conflitti.”
-Gino Strada

Giulio, attivista del gruppo 028 di Amnesty Brescia

Venite a firmare l’appello per l’Ucraina: https://www.amnesty.it/appelli/fermare-laggressione-e-proteggere-i-civili-in-ucraina/

Fonti:
https://www.mosaico-cem.it/attualita-e-news/mondo/guerra-ucraina-testimonianze/
https://www.amnesty.it/campagne/crisi/